DA LEGGERE (prima parte)


A ME “MI”
STA ANTIPATICO ULISSE
di Anna Montella
LETTURA TEATRALE



sottotitolo
tutto quello che avreste voluto sapere sull’eroe di Itaca e non avete osato chiedere. Mai.





Sottotitolo… per estensione
Anche i figli di Troia piangono









©2014 Anna Montella
Ogni diritto riservato all’Autrice





“Guai a quel popolo che ha bisogno di eroi”
Bertold Brecht





Nota dell’Autore
(...) Cosa lascia Ulisse sul suo percorso? Lascia esattamente ciò che ha lasciato a Troia: delle rovine fumanti. Ulisse metafora del nuovo che avanza, che porta soluzioni per il progresso dell’umanità. Ma alle sue spalle rimangono dolore, disperazione, solitudine: un deserto. (…)
             Questo libretto,  chiaramente ironico e dissacrante fin dal titolo, nasce proprio da questa riflessione (seria) e dal desiderio di prendere bonariamente in giro il “macho” che si cela - ma mica poi tanto - sotto le spoglie dell’eroe greco, oltre ad una sorta di rifiuto a considerare l’astuzia come una qualità dell’essere umano. 
Un esercizio di scrittura, comunque divertente, che mira non già a stravolgere il Mito ma, mescolando “le carte in tavola”,  a sorridere con esso e di esso forse anche per “vendicare” le generazioni di studenti impigliati nelle reti della parafrasi di scolastica reminiscenza.

Vademecum per la lettura
A volte, procedendo nella  lettura, ci si potrà trovare in presenza di espressioni dialettali o espressioni “colloquiali” che tengono in scarso conto l’esatto utilizzo della lingua italiana.
Gli eventuali errori sono voluti e finalizzati a leggere la sequenza degli eventi, così come la leggerebbe  Giobbe Covatta e/o  il ragionier Ugo Fantozzi, in una ideale alternanza al leggìo.
N.B. Il CORO, a più voci, avrebbe tono monocorde, mentre il narratore assumerebbe di volta in volta gli atteggiamenti indicati nelle parentesi .

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1 - A ME “MI” STA ANTIPATICO ULISSE
{Mentre il narratore si accomoda presso il leggìo e sistema i suoi fogli, apprestandosi a cominciare la narrazione,  il CORO, non visto, si apposta alle sue spalle e, malizioso, gli ruba la prima battuta! }
IL CORO - Dimenticate tutto ciò che avete letto finora sul prode eroe di Itaca. Svuotate la mente… incomincia la vera storia di Ulisse. Tutto ciò che avreste sempre voluto sapere,  ma non avete osato chiedere – pausa ad effetto -  mai….
{ Il narratore si gira e gela il CORO con uno sguardo... poi, schiarendosi la gola, comincia a narrare…}
Narratore: Ordunque… tanto, tanto tempo fa… un giorno qualunque di un anno qualunque…
Ulisse si svegliò e sbadigliò, strattonando le coperte alla serva che aveva allietato la sua notte facendola rotolare dal letto, mentre Penelope si era data licenziosamente alla pazza gioia nel giaciglio di un Procio (ovvero uno dei famosi Proci che poi presidiò il palazzo per vent’anni). Il prode emise  un rutto potente tanto che il cane Argo, che dormiva ai piedi del famoso talamo passato alla storia come  inviolato (ma che di inviolato non aveva nulla), si svegliò di soprassalto e guaì per lo spavento. L’eroe scese dal letto e sferrò un calcio alla povera bestia, come buongiorno, e il cane si rifugiò sotto il letto, pensando: “Col piffero che ti aspetto per vent’anni!”. 
E infatti, per protesta, decise in quel momento di morire esattamente dopo 19 anni 11 mesi e 28 giorni, insomma tre giorni prima del ritorno del prode dalla famosa guerra di Troia.
A quei tempi, tra sogni premonitori, vaticini e dei che si impicciavano di ogni cosa, tutti sapevano già in anticipo cosa doveva accadere e la guerra di Troia, con relative profezie, non era più un segreto per nessuno… nemmeno per i cani…


2 -  QUI PORTAVA L’OMBRELLO MIO NONNO
Argo morì esattamente all’epoca in cui aveva deciso di trapassare, ridendo come un pazzo alla maniera particolare dei cani, pensando alla faccia che avrebbe fatto Ulisse non trovandolo al suo ritorno, dopo che aveva rotto le scatole a tutti dicendo che il cane gli era così fedele che  sarebbe morto solo quando arrivava lui. 
Al pensiero il “fedele” Argo si sollevò puntellandosi sulle zampe posteriori e, mentre l’eroe era di spalle, gli fece il famoso gesto che passò alla storia come il gesto “qui portava l’ombrello mio nonno”.
 Ulisse, ignaro dei pensieri sbeffeggianti del suo, ormai, ex-fedele amico, si portò mezzo nudo nella sala comune, tastando il culo alle serve di passaggio, emettendo un suono divertito a metà tra il nitrito di un cavallo selvaggio e il raglio di un somaro, come suo solito. Si accomodò al grande tavolo e fece colazione, accompagnando il tutto con una serie di grugniti, finché non arrivò un messo trafelato che lo avvertì della guerra di Troia.
Il narratore - SCOOP!!!
(notizia ANSA)
La guerra di Troia nacque per una storia di corna!
          FINE notizia ANSA
IL CORO - E che scoop sarebbe? la sanno tutti la causa della guerra di Troia!
Narratore: {facendo occhiacci  al  CORO} possiamo continuare? Grazie!”
Narratore {guardando il pubblico quasi con compatimento, con l’aria di chi ha capito tutto della vita}: E invece no! Quello che si racconta è mendace!  


3 - QUESTIONE DI …FEELING
Narratore - La guerra nacque per colpa di Zeus e delle sue scappatelle extraconiugali e non già, come racconta calunniosamente il Mito (A MEZZA VOCE, quasi tra sé e sé, distraendosi: ma chi sarà poi sto Mito che fa tutti questi pettegolezzi?), {poi continua sussiegoso} dicevo… cosa dicevo? {attimo di confusione} Ah si! La guerra non nacque  per le corna di cui Elena cinse la nobile fronte di  Menelao, suo legittimo consorte, ma per colpa del divino Zeus!
Del resto a quel tempo le corna erano di moda e tutti andavano in giro con la testa che sembrava un cesto di lumache tanto che, quando si incontravano, le lumache facevano a testate per vedere chi ce le aveva più lunghe le cornette, figuriamoci quindi se poteva scoppiare tutto quel casino per un semplice paio di corna tra due esseri mortali, quali erano Elena e suo marito Menelao. 
IL CORO - In realtà Troia era condannata dalla notte dei tempi.
Narratore {a collo torto e a mezza voce:}: (“ecco a chi è parente il MITO! Al CORO! Sempre in mezzo come i funghi!”)
{poi con voce stentorea:}: Infatti, in illo tempore, gli Dei scorrazzavano felici nell’Olimpo e li vedevi svolazzare di qua e di la soprattutto dopo che Ebe, la legittima coppiera, passava dando a ciascuno la sua dose giornaliera di Ambrosia …a quel tempo si chiamava così…
 Ora avvenne che Zeus nel suo scorrazzare si prese una cotta per il pimpante Ganimede, essere mortale di sesso maschile figlio di Troo. Ma, invece di farsi la sua solita scappatella trasgressiva, (insomma il padre degli dei  non disdegnava nessuno nè femmine, nè maschi e, a volte, nemmeno animali) Zeus fece una cosa che sua moglie Era non gli perdonò mai! Ovvero Zeus, per ingraziarsi i favori di Ganimede, diede un calcio ad Ebe e, da quel momento, Ganimede divenne il coppiere degli Dei al posto di colei che deteneva il titolo da tempo immemore.


4 - LO “SPACCIATORE” DI AMBROSIA
Narratore - Il fornitore di ambrosia, per taluni dei, arrivava ad assumere i connotati di nutrice, di grembo materno e cambiarlo così, dalla sera alla mattina, fu un autentico shock per l’Olimpo tutto e la cosa non piacque assolutamente ad Era, moglie di Zeus.
Ella, resa edotta a sostituzione avvenuta,  si incazzò come un furetto a cui hanno insidiato il dominio del territorio e maledisse Troo e tutta la sua stirpe cimentandosi, a maledizione avvenuta,  nella ipnotizzante danza di guerra che le donnole, e i mustelidi in generale, pare eseguano dopo aver combattuto con altre creature.  (Immaginate lo spettacolo raccapricciante della dea, sempre così composta che, discinta e lanciando urla belluine, danzava come una donnola e capirete anche perché  il  marito, da allora, sembra essersi calmato non poco).
{ il CORO accenna ad intervenire, ma il narratore è più veloce}
Narratore: Quindi Troia era condannata dalla notte dei tempi.
Narratore (non credendo alle sue pupille e a tanta fortuna esclama ad alta voce ):
oh gaudio! Ho battuto il CORO sul tempo!” ,
{poi, conscio degli sguardi del pubblico, si ricompone e continua }:
 …e tutto il resto che dopo venne raccontato servì solo a confondere le acque.


5 - UNA COPPIA ORIGINALE
Narratore: Ora, dovete sapere che Ulisse era un essere infingardo, oberato dai debiti e quindi attendeva con ansia la notizia della guerra per poter partire spesato di tutto, sfuggendo ai creditori.  Appresa la lieta novella consigliò alla moglie di tenere in caldo i Proci, per farsi mantenere, che al ritorno se la sarebbe vista lui per cacciarli da palazzo.
Penelope ed Ulisse erano una coppia piuttosto originale che oggi chiameremmo di sfaccendati o faccendieri. Una coppia “aperta” che viveva di espedienti, sgraffignando qui e la ciò che poteva, mentre il povero Telemaco, loro figliolo ancora in fasce, (nato unicamente perché una coppia regale aveva bisogno di un figlio maschio da mostrare al popolo), era già destinato a guadagnarsi da vivere  guardando le pecore di un vicino (quando doveva essere mostrato al popolo lo vestivano e lo pettinavano, sennò veniva lasciato allo stato selvatico come le pecorelle di cui un giorno si sarebbe occupato). 


6 - UN DRAPPO FUNEBRE TI ALLUNGA LA VITA
 Laerte,  il vecchio padre di Ulisse, povero disgraziato, ormai veniva tenuto in vita, con flebo ed artifizi vari, unicamente per giustificare il drappo funebre (della serie un drappo funebre ti allunga la vita) che la furba nuora avrebbe tessuto di giorno e poi disfatto di notte, per sfruttare al meglio i Proci boccaloni che la credevano casta e pura e speravano di appropriarsi di Itaca. Una Itaca gravata da tante di quelle ipoteche  che, quando i Proci lo seppero, si suicidarono in massa per il tempo perso e per i soldi che la furba Penelope aveva spillato a tutti loro in vent’anni e non, come racconta il Mito (sempre ‘sto Mito eh?), che morirono per mano di un Ulisse travestito da mendicante (e irriconoscibile perfino al sangue del suo sangue) e di quattro frecce scagliate dal pesante  arco ricevuto come dono di ospitalità tanti anni prima da Ifito, figlio di Eurito, re di Ecalia in Tessaglia.
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Intermezzo - GOSSIP
Narratore {guardandosi circospetto intorno, paventando l’arrivo del CORO che nel frattempo si è eclissato, e acquistando via via più sicurezza, continua rivolto al pubblico in tono confidenziale, tipico di chi riporta un pettegolezzo}:
Eurito  era nipote del dio Apollo e il dio lo uccise per punirlo del  millantato credito secondo cui egli sarebbe stato più valente del divino zio nel tirare con l’arco, nel più puro stile “che sei venuto a fare ngopp’à Posill’p’ se non mi vuoi più bene?”. Ovvero: “che me lo hai regalato a fare ‘sto arco se poi ti dovevi incazzare come un dinosauro in crisi di astinenza perché ho imparato ad usarlo meglio di te?”. Ma erano tempi cupi quelli e si moriva facile. Gli dei erano di un permaloso e all’atto pratico si dimenticavano anche delle parentele.  Anzi, quando un divino parente ti faceva un regalo era arrivato il momento di cominciare a preoccuparsi perché, quasi sempre, andava a finire in tragedia! Non per niente la tragedia è proprio di origine greca no?
FINE intermezzo GOSSIP
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7 – CRANIATA BESTIALE
Narratore { riprendendo il normale tono di voce}:
In realtà quando Telemaco, l’ormai ventenne figlio di Ulisse, vide il padre nel cortile di casa non fu ingannato dal travestimento e lo riconobbe subito - il narratore fa una pausa e con aria da tregenda sgrana gli occhi sul pubblico e…. sillaba: ISTINTO DI SOPRAVVIVENZA!
…poi continua la narrazione riprendendo l’abituale compostezza
Il primo pensiero del ragazzo alla terribile scoperta fu: “maro’ è turnat’ o’ cacacazz’!” {tono colloquiale} - aveva imparato un po’ di napoletano da un Procio oriundo di quei luoghi -  [riprendendo poi il tono normale] e si buttò  nel torrente che scorreva vicino casa.  Quell’anno era stato il periodo più secco degli ultimi vent’anni  {considerazione personale a mezza voce}: - e ti pareva che tornava Ulisse e qualche cosa andava bene? -
{riprende a parlare con tono normale} … e il torrente era quasi in secca, così Telemaco prese una craniata bestiale e da quel giorno cominciò ad avere strani comportamenti.
Si racconta che nelle notti di plenilunio ululasse perfino alla luna mentre le pecore, che continuò ad accudire anche dopo il ritorno del padre (almeno mangiava, che con quei due disgraziati di genitori ahi voglia a guardare le stelle e sentir brontolare lo stomaco!), lo guardavano preoccupate con un misto di timore e compatimento.
Era diventato lupo mannaro! Ma alle sue pecore non fece mai del male.
{il narratore guarda il pubblico e, vedendolo incredulo, con una certa indignata agitazione dice}: Lupo mannaro si! Non mi guardate così! E mica è colpa mia se la botta in testa lo fece diventare lupo mannaro!
IL CORO - Son quelle cose imponderabili su cui nulla possiamo!
{il narratore guarda quasi con gratitudine il CORO, asciugandosi la fronte con un fazzolettino}
SECONDO INTERMEZZO
IL CORO - Abbiamo precisato fin dal principio alcuni passaggi salienti del ritorno a casa di Ulisse (tanto la sapevamo tutti la fine della storia, perciò non protestate come al solito! Non vi è stata tolta nessuna sorpresa) per meglio capire di che pasta è fatto il personaggio e far  luce sulla intera vicenda. Sennò che la raccontiamo a fare la vera storia di Ulisse? Ecco ci siamo capiti! Andiamo avanti.
FINE SECONDO INTERMEZZO


8 - MIMINA LA “SCAMOSA”
Narratore: {riappropriandosi della scena con una occhiata velenosa al CORO, ormai dimentico di ogni barlume di gratitudine}
Intanto, come gli Dei vollero, Ulisse partì con un  gruppo di scalcinati avanzi di galera, insolventi come lui, e mo’ ti voglio… dovevano passare le Colonne d’Ercole dove stazionava “la sirena su lo scoglio”.
In realtà non esisteva nessuna sirena. Si trattava di Mimina la Scamosa, così denominata per via di quelle brutte scaglie di pesce che le ricoprivano il corpo. Una donna che non era stata mai bella in gioventù figuriamoci in vecchiezza e che il marito, un ometto rubicondo sempre indaffarato, per levarsela davanti, ogni mattina portava su “lo scoglio” tra le due Colonne (per riprendersela a malincuore la sera), nel caso fortunato agganciasse un marinaio dal palato facile, così lui era esentato dal dovere coniugale che la consorte pretendeva.
Si metteva li, Mimina la Scamosa, su “lo scoglio”, armata di una cassetta stereo (che poi tanto andò in voga secoli e secoli dopo, in quelli che furono definiti “i favolosi anni ’60”) da cui scaturiva una musica melodiosa per attirare l’attenzione dei vascelli di passaggio. Chi non giaceva con lei veniva dato in pasto alla sua vorace amica, una Pitonessa  che teneva “na’ bocca quanto la breccia di Porta Pia”. La Pitonessa mangiava alla grande perché spesso i marinai, pur di non giacere con Mimina la Scamosa, si buttavano direttamente tra le sue fauci.  E così nacque la leggenda di Scilla e Cariddi e delle Sirene dal canto melodioso, metà donna e metà pesce, che portavano a morte i marinai.  Praticamente non c’era nessuna sirena e quella che c’ era …
era proprio na’ schifezza di sirena.

IL CORO - In realtà non ci stavano “manco” le Colonne d’Ercole e Scilla e Cariddi erano da tutt’altra parte ma noi…. ’sto scoglio da qualche parte lo dovevamo pur posizionare no?
Narratore {sull’orlo di una crisi di nervi}: Quindi non è per niente vero che sulla via del ritorno Ulisse si fece legare al palo mentre i suoi compagni avevano i tappi nelle orecchie. Si trattò, invece, della prima strategia di marketing pubblicitario della storia.
Mimina la Scamosa li pagò, infatti, a peso d’oro, lasciandoli andare via sani e salvi (e, cosa importantissima, senza che alcuno giacesse con lei) , per divulgare la falsa notizia delle sirene maliarde nelle nuove terre dove Ulisse si apprestava a recarsi, che lì ormai la conoscevano tutti e che doveva divulgare! Perciò fu all’andata che il fatto avvenne e non al ritorno, come dice il Mito (ah ‘sto Mito mai na’ volta che si facesse gli ‘azzi suoi!)
Affarista com’era, in attesa dei clienti che sarebbero sicuramente arrivati col passa parola di Ulisse, Mimina la Scamosa trasformò, poi, il posto in una discoteca galleggiante che chiamò Lo scoglio della Sirena (che fantasia eh? ).
Così, fra alcool e rock and roll, ogni tanto riusciva a fare anche un po’ di sesso a buon mercato con qualche ubriaco che, passati i fumi della sbornia,  si rendeva conto del dramma e si gettava disperato e inorridito tra le fauci della Pitonessa.
 In un colpo solo le due furbe e scaltre comari si erano assicurate il pane per la vecchiaia e, al ritorno dal periglioso viaggio, fu proprio alla disco-dance di Mimina la Scamosa che i compagni di Ulisse si fermarono a fare i porcellini d’india con le danzatrici del ventre ma... procediamo per gradi...Ora pensiamo all’andata che al ritorno ci pensiamo poi.
Intanto lasciamo alle loro soddisfazioni Mimina la Scamosa e la Pitonessa e vediamo dove è finito Ulisse.


9 - ANCHE I FIGLI DI TROIA PIANGONO
Narratore: Ed ecco il nostro eroe  a Troia… e mo' cominciano a svolazzare le Arpie.
Creature da incubo  metà donna e metà uccello, le Arpie erano brutte come il debito (al loro confronto Mimina la Scamosa era un fiore lussureggiante) e lanciavano certi urli striduli da far accapponare la pelle ai più coraggiosi, imbrattando cose e persone con escrementi dall’insopportabile olezzo che avevano un non so che di amarognolo. Da quell’olezzo nauseabondo dal retrogusto amaro nacque, poi, l’espressione “uccelli senza zucchero” o “cazzi amari” che dir si voglia. E fu proprio quelli che cominciarono a volare per quei poveri figli di Troia... Ma anche qui le cose vanno raccontate come si deve. 
{Arriva notizia ANSA tramite una comparsa che consegna un foglio al narratore}
{Il Narratore assume un’aria professionale da TG com, si aggiusta gli occhiali sul naso ed esordisce fissando il pubblico}:
(SCOOP - ANSA)
La storia del famoso cavallo è tutta una bufala!
FINE – ANSA
{sguardo veloce, il CORO non è in vista, il narratore prosegue}:
Ulisse vinse Troia a dadi, giocando (e barando) con Ettore, figlio di Priamo, re di Troia. Ettore era un grande giocatore d’azzardo, ma aveva fama di uomo giusto e retto e, per non dare un dolore al vecchio padre (che già aveva la sua gatta da pelare con l’altro figlio Paride, gran puttaniere) fu inventata la storiella del cavallo e della favolosa furbizia di Ulisse.

 E sarebbe finita li senza vincitori nè vinti, una cosa pulita e un passaggio di consegne senza spargimenti di sangue ( e dopo dieci anni era pure ora!) , se non fosse che, poi, Achille si incazzò come una bestia perché si era fissato che Patroclo era morto per mano di Ettore, e in effetti fu così, ma avvenne per errore. 

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